1. Il
Metodo Casiraghi-Jones si applica esclusivamente allo studio
dell'inglese?
No davvero. Si tratta di un
metodo applicabile allo studio di tutte le lingue.
2. Qual è la caratteristica principale del metodo?
Più che di un metodo si tratta
di un multimetodo. Noi riconosciamo che ogni persona che impara è
diversa e che ha il diritto di scegliere fra una molteplicità di sistemi
di insegnamento selezionando quello o quelli che fanno più al caso suo.
Casomai, l'originalità sta nel
fatto che il nostro metodo tende a rivalutare dei sistemi di
apprendimento che lo sviluppo dell'industria educazionale ha
completamente dimenticato.
E questo riguarda soprattutto
lo studio della lingua inglese dove si è imposto il sistema aberrante di
imparare la lingua inglese solo con l'ausilio della lingua inglese,
senza cioè alcun ricorso al supporto della lingua madre dell'allievo, il
che risulta comodo soprattutto per gli editori di lingua inglese che
senza fare la fatica di localizzare i loro prodotti sono in grado di
vendere uno stesso libro di testo o metodo in tutto il mondo.
Se poi chi impara l'inglese è
obbligato a fare una fatica sovrumana per capire o diventa
insegnante-dipendente in quanto non ha uno straccio di traduzione
italiana che possa aiutarlo a capire autonomamente, tanto peggio per
lui.
3. Dunque il Metodo Casiraghi-Jones si colloca in opposizione ai sistemi
già esistenti?
Assolutamente no. Siamo in
opposizione al fatto che i metodi esistenti diventino totalizzanti e
pretendano di rappresentare l'unica risposta ai bisogni di chi vuole
imparare le lingue.
Siamo in opposizione al fatto
che si ingessino costantemente le mille possibilità di imparare una
lingua riducendola a seguire un libro di testo scritto esclusivamente in
inglese.
Ci va bene il metodo
dell'insegnare una lingua con la lingua o il crash course più
estremo perché riteniamo che ci siano effettivamente dei casi in cui
quelli sono i metodi più efficaci e, comunque, rispettiamo sia la
libertà di impresa che la libertà di chi studia di scegliere le
strutture educative e i metodi didattici che vuole.
Ma siamo convinti che per la
maggioranza di chi vuole imparare, il Metodo Casiraghi-Jones rappresenti
sicuramente una risposta più umana ed efficace.
4. Ma, dunque, concretamente...?
In concreto, il Metodo
Casiraghi-Jones presenta sia una parte teorica che una parte pratica. La
parte pratica è la rivista English4Life, oggi sostituita dal
servizio English4Life Online.
La prima cosa che si nota è la
scelta dei materiali educativi. Invece di articoli di taglio
giornalistico o culturale, ci buttiamo su quella che sembrerebbe
"letteratura minore", ovvero fumetti e soap operas come Adventures in
Temping o An Aussie Backpacker. Per noi non è letteratura
"minore" anzi forse non è neppure letteratura o arte. Ma è lingua
parlata. Questa è la cosa importante.
Analizzando la realtà italiana
si scopre che anche chi sa l'inglese abbastanza bene non conosce per
niente l'inglese parlato. Come se imparare una lingua fosse sempre e
solamente imparare una lingua scritta.
Noi diciamo invece che chi
impara l'inglese deve porsi come obiettivo quello di imparare l'inglese
parlato che è "la madre di tutti gli apprendimenti linguistici" per così
dire, perché è la lingua con cui si comunicano le emozioni e i
sentimenti.
In questo senso,
English4Life Online sarà una sorpresa per molti che pensano di
sapere l'inglese e che si renderanno ben presto conto di non essere in
grado di capire delle cose che per un inglese sono di livello
assolutamente elementare ma che, da noi, non si insegnano neppure nei
corsi di livello universitario.
5. Ma non è sbagliato partire dallo slang?
Attenzione. Qui non stiamo
affatto parlando di slang. Qui stiamo parlando del modo di
parlare abituale di tutti gli inglesi, di ciò che rappresenta il
bagaglio linguistico ed espressivo comune a tutti i cittadini
anglosassoni.
Il linguaggio parlato non
c'entra niente con lo slang. Se io in italiano dico: "Questa è
una bufala!" oppure "Io non ci sto!" oppure "Ti andrebbe un gelato?",
questo non è slang ma normalissimo modo di parlare comune a tutti
i cittadini italiani.
Lo slang, invece, è un
linguaggio o, più spesso, un gruppo di termini che circola solo entro
gruppi limitati della popolazione, che so, i liceali, gli informatici, i
criminali... La confusione fra slang e linguaggio parlato
ostacola la corretta percezione che il linguaggio parlato deve
rappresentare l'obiettivo numero uno dell'insegnamento linguistico.
6. Come mai questa insistenza sull'Inghilterra?
E gli Stati Uniti dove li lasciamo?
Anche qui non possiamo non
notare una sorta di schizofrenia che permea la società italiana.
Da un lato l'insegnamento
scolastico ufficiale è interamente basato sulla lingua inglese come la
si parla in Inghilterra. Dall'altro però l'Italia è dominata
culturalmente dagli Stati Uniti attraverso film, TV, letteratura, i
computer e Internet.
Il risultato è che lo studente
italiano impara l'inglese in modo ibrido: pronuncia alcune parole, che
ha imparato a scuola, secondo la norma britannica, e altre, che ha
imparato strada facendo, secondo la norma americana.
La stessa cosa riguarda il
lessico, con continue confusioni e incertezze, in quanto gli standard di
riferimento finiscono per essere due: l'inglese parlato in Inghilterra e
quello parlato in America.
Ora, secondo noi, bisogna
uscire dall'indecisione e riconoscere che esistono due lingue parlate
distinte: l'inglese e l'americano. A questo punto spetta all'utente
scegliere quale delle due vuole imparare. O, in alternativa, decidere se
vuole imparare entrambe, pagando ovviamente lo scotto di questa
lodevolissima ambizione sotto forma di maggior tempo e fatica da
dedicare all'impresa.
7. Ma voi, per il vostro sito che tipo di
inglese avete scelto?
Noi proponiamo prevalentemente
l'inglese britannico e infatti scegliamo materiali e riferimenti
culturali inglesi pressoché al 100%. Fa eccezione il canale tematico
Magic Advanced che, essendo rivolto a un pubblico maggiormente
esperto e che ha sostanzialmente solo bisogno di rinfrescare il proprio
inglese, rappresenta un mix di inglese internazionale. Ma anche
all'interno di quel canale contrassegneremo con una bandierina
britannica i testi realizzati in inglese UK!
8. Tornando a English4Life Online, siamo
rimasti molto colpiti dall'idea della doppia traduzione. Ce la potete
spiegare?
Uno dei principi teorici del
nostro metodo è che si deve minimizzare la frustrazione
nell'apprendimento. Imparare una lingua è una cosa lunga e complessa e
non è giusto renderla ancora più lunga e complessa creando ad arte - o
involontariamente - degli ostacoli. Alla ricerca di un termine per
stigmatizzare questo comportamento pro-frustrazione tipico di una certa
impostazione scolastica, ci è venuta in mente l'espressione "diniego di
traduzione".
9. Cosa significa “diniego di traduzione”?
Sembra una cosa brutta...
Negare la traduzione quando si
presenta un testo inglese, ovvero darla solo in percentuali minime
(l'uno per cento delle parole) o magari darla ma solo alla pagina
successiva in modo da renderne scomoda la consultazione sono altrettanti
esempi di un atteggiamento produttivo di frustrazione in chi deve
imparare. Ed in particolare di quella terribile frustrazione che
consegue al fatto di non capire subito!
Questa frustrazione è il nemico
numero uno di chi sta imparando e dovrebbe essere bandita per sempre da
ogni contesto educativo. Per tornare a English4Life Online, la
cosa che farà sensazione sarà sicuramente la disponibilità della
traduzione integrale in lingua italiana di tutti i materiali presentati.
Addirittura, la traduzione è
quasi sempre duplice: da un lato quella in buon italiano e dall'altro
quella letterale, che permette di capire fino in fondo le differenze tra
la lingua madre di chi impara, nel nostro caso l'italiano, e la lingua
da imparare, in questo caso l'inglese.
10. Avete anche coniato il concetto di "metodo
differenziale"...
Sì, parliamo di metodo
differenziale, di traduzione differenziale, di sensibilità differenziale
e anche di dizionario differenziale.
Prendiamo la lingua inglese. Se
io sono giapponese o se sono italiano, le difficoltà nell'impararla
saranno diverse. Quelle che infatti si fa fatica ad imparare sono le
differenze tra la lingua di partenza e la lingua di arrivo.
Differenze massime nel caso del giapponese (che non a caso sono dei
parlatori di inglese ben peggiori degli italiani), differenze minori nel
caso dell'italiano.
Queste differenze esistono a
qualsiasi livello linguistico ma spesso non ce ne rendiamo conto e non
diventano mai parte del nostro patrimonio linguistico. Se io dico in
italiano "ho fame", in inglese devo dire invece "io sono affamato".
La mancanza di attenzione verso
la differenzialità tra le lingue fa sì che gli italiani, per
esempio, parlino una sorta di inglese tradotto dall'italiano in modo
meccanico anziché adottare le espressioni che un inglese vero userebbe
nello stesso contesto. Questo perché nessuno li ha mai resi consapevoli
della differenzialità esistente fra le due lingue.
La doppia traduzione, come
l'abbiamo implementata in English4Life Online, sensibilizza chi
impara a riconoscere subito e a studiare le differenze con cui la lingua
italiana e la lingua inglese esprimono uno stesso concetto.
In altre parole: chi studia una
lingua pensa di solito che tutto sia uguale e che ci siano, poi, anche
alcune diversità. La realtà invece è che tutto è diverso e che, poi, ci
sono anche alcune cose uguali!
11. Ma l'accento su tutta questa diversità non
può finire per scoraggiare chi studia?
Chi sta studiando una lingua, per questo stesso fatto, è già abituato a
incontrare lo scoraggiamento e la frustrazione, e il Metodo
Casiraghi-Jones non c'entra per niente. La frustrazione è un qualcosa di
assolutamente inerente allo studio di qualsiasi lingua e la ragione di
ciò non è difficile da capire.
Chi ha deciso di imparare una
lingua, vorrebbe ovviamente acquisirla nel tempo più veloce possibile
ma, con le lingue, nessuno è mai in grado di sapere né quanto tempo ci
vorrà né tantomeno di individuare delle tappe intermedie precise, che
permetterebbero di dire: "Ok, sono a metà strada", "Ok, mi manca ancora
questo o quest'altro e poi avrò finito."
Questo aspetto dello studio
delle lingue non viene mai affrontato perché l'industria
dell'insegnamento ne è terrorizzata. Ma per il Metodo Casiraghi-Jones è
fin troppo ovvio che quando si insegna una lingua ci si debba occupare
anche di questi aspetti psicologici perché sono assolutamente
essenziali.
Un metodo che non tenga conto
delle difficoltà reali di chi impara è votato alla sconfitta o
all'insincerità.
Chi studia, come chi lavora, ha
diritto a sapere esattamente che cosa lo aspetta quando inizia una
determinata attività. Deve poter fare i propri piani esistenziali ma
anche i propri piani economici, sapere che cosa dovrà spendere e sapere
anche quale potrà essere il ritorno di questo investimento.
12. E che ritorno c'è secondo voi
dall'insegnamento di una lingua?
Per noi è chiaro che il ritorno c'è sempre: imparare un'altra lingua è,
fra tutte le esperienze umane, una delle più belle e positive. È un
arricchimento della propria persona, un avvicinamento all'altro e al
diverso e, in più, una carta fondamentale per migliorare le proprie
condizioni di lavoro e per occupare posizioni di maggiore
responsabilità.
Dunque, motivi per imparare le
lingue a dovere ce ne sono a bizzeffe. E non è il caso di creare una
pseudo-motivazione con i falsi argomenti del "è facile", "in pochi mesi
parlerai inglese" eccetera.
Una volta che qualcuno ha
deciso di imparare l'inglese, le uniche questioni che contano sono come
arrivare alla meta nel modo più facile, più divertente, più efficace e
meno dispendioso in termini economici. Se questo poi comporta tre mesi
di studio o dieci anni, dipenderà da molti fattori...
13. Quali?
Non stiamo facendo un discorso
scientifico. Diciamo che al primo posto sta sicuramente la motivazione,
quella molla interiore che ti mette al riparo dalla frustrazione e dalle
inevitabili fatiche dello studio di una lingua.
14. Be', la motivazione uno non se la può
dare...
Secondo noi non è così. La
motivazione è un elemento che si può benissimo coltivare anche se i
sistemi prevalenti non brillano certo per aver dato alla motivazione il
posto centrale che le spetta nello studio delle lingue. Creando più
motivazione, saremmo in grado di ridurre del 50% le difficoltà e il
tempo di apprendimento di una lingua!
15. Oltre alla motivazione, quali altri fattori
sono rilevanti?
Innanzitutto va citata
l'esperienza linguistica precedente ossia se si sono già studiate altre
lingue o l'inglese stesso oppure se si parte da zero, in modo ingenuo e
senza avere la minima idea di cosa significhi apprendere una lingua.
Conoscere già qualcosa di
inglese è di solito un bene, anche se non va sottovalutato il rischio di
aver acquisito delle cattive abitudini linguistiche (per esempio, una
cattiva pronuncia): in questo caso, ci sarà allora la difficoltà
supplementare di dover anche sradicare queste cattive abitudini.
Al terzo posto troviamo un
fattore personale che si esprime nella differenza tra chi impara una
parola dopo averla letta una sola volta e chi la impara dopo averla
letta cinque o dieci volte. La cosa essenziale da ricordare a questo
proposito è che chiunque, sia chi è benedetto da una particolare
capacità di memorizzazione, sia chi è apparentemente meno favorito e ci
mette più tempo o fa più fatica (la maggioranza di noi, scrivente
incluso) può arrivare alla meta. Il principio è: se hai imparato la tua
lingua (nel nostro caso, l'italiano), puoi anche imparare qualunque
altra lingua!
Fondamentali sono poi le
risorse di studio disponibili in termini sia qualitativi che
quantitativi (vocabolari, metodi, libri, riviste, CD-Rom, Internet, TV
satellitare, televideo, corsi, scuole) e la disponibilità o meno di
risorse finanziarie che ci permettano di scegliere liberamente le
migliori risorse a prescindere dal loro costo (caso che ovviamente
riguarderà una minoranza fortunata).
Ma sopra tutto, ed è il fattore
più banale, ma anche più sovente trascurato, dobbiamo parlare
dell'elemento tempo. Il successo nello studio di una lingua è
infatti direttamente proporzionale al numero di ore di studio o di
esposizione alla lingua.
16. L'esposizione alla lingua è per il Metodo
Casiraghi-Jones un concetto centrale...
Certo. È uno dei nostri
concetti fondanti. L'idea è che chi impara una lingua, nel nostro caso
l'inglese, dovrebbe cominciare un gioco di simulazione in cui tutto il
suo normale ambiente italiano viene gradualmente esposto alla lingua
inglese.
Come? Acquistando il Times
invece di un quotidiano italiano, guardando Sky News piuttosto che Rai
1, ascoltando alla radio BBC1 piuttosto che un’emittente locale,
vedendosi i film in DVD in versione originale anziché la videocassetta
in italiano, scrivendo a un pen-pal o chattando con coetanei su un sito
internet inglese anziché su un sito italiano.
Esporsi alla lingua significa
approfittare di ogni momento e di ogni occasione per cercare di stare in
contatto con la lingua che si vuole imparare.
L'esposizione alla lingua è un
concetto fondamentale anche da un altro punto di vista: esprime infatti
il convincimento che esponendosi alla lingua in modo ripetuto e con gli
opportuni strumenti di supporto (come le traduzioni) sia possibile
imparare la lingua stessa più rapidamente e quasi azzerando la fatica.
Questa è la vera scommessa per
noi: creare un metodo di insegnamento linguistico che comporti
frustrazione zero e fatica zero. Per la rivista English4Live
avevamo creato appositamente un metodo di rilettura passiva che
permette di sperimentare i benefici dell'esposizione ripetuta alla
lingua.
Per quanto riguarda il sito
English4Life Online ci piacerebbe poter riproporre la stessa cosa ma
in modo informatico così che il nostro utente, ogni volta che si
colleghi a una determinata risorsa didattica, possa subito rendersi
subito di quante volte l'ha studiata e in quali date l'ha studiata.
17. Sì, consigliate addirittura di rileggere
ogni pagina della rivista ben cinque volte. Ma che tecnica di lettura è?
Ce lo potete spiegare?
È una tecnica di lettura
passiva (=esposizione alla lingua) in cui si legge prima la traduzione
italiana di un testo e poi l'originale inglese badando solo a capire
quale parola corrisponde a quale, senza alcuno sforzo di ritenzione
mnemonica.
Sulla rivista English4Life,
dopo aver letto la prima volta il testo in questo modo, si barrava la
casella inserita sulla pagina in corrispondenza del numero uno e si
passava ad un altro testo.
Una volta terminati tutti i
testi della rivista, avendo sempre avuto cura di barrare la casella
numero uno, si poteva poi ritornare ai testi già letti in precedenza per
una seconda lettura (e questa volta si barrava la casella numero due) e
così via fino alla quinta lettura.
A questo punto si procedeva a
leggere il testo nell'originale inglese scoprendo, con tutta
probabilità, di essere in grado di capirlo perfettamente.
È chiaro che questa tecnica è
da consigliare soprattutto a chi inizia... ma permette di ottenere dei
risultati stupefacenti per velocità ed efficacia.
18. Una tecnica in cui è applicato proprio il
concetto di esposizione alla lingua...
Certo. E data l'importanza di
questo concetto, consentiteci di spiegarlo ancora una volta ma in
termini ancora più pratici. Con un esempio.
La prima volta che gli italiani
hanno sentito le parole squatter o la parola inciucio,
probabilmente non sono riusciti a memorizzarle.
A furia di sentirle ripetere,
però, ci sono entrate in testa: qualcuno di noi le avrà memorizzate già
a partire dalla seconda volta che le sentiva, qualcun altro dalla terza
o dalla quarta volta ma, alla fine, tutti noi le abbiamo imparate.
E attenzione, le abbiamo
imparate senza fare alcuna fatica, senza aver mai dovuto dire a noi
stessi: "Ora devo imparare il significato di squatter e
inciucio". La semplice esposizione ripetuta a queste parole in tempi
ed occasioni diverse ha automaticamente fatto sì che il nostro cervello
creasse un'associazione permanente tra queste parole e il loro
significato.
Questo è il concetto
centrale dell'apprendimento delle lingue. A fronte del pregiudizio
imperante secondo il quale "bisogna essere predisposti allo studio delle
lingue" bisogna far presente che l'essere umano è congenitamente
PREDISPOSTO alle lingue. Non esiste essere umano che non sia
predisposto allo studio delle lingue.
La prova? Il fatto che tutti
noi, di lingue ne impariamo almeno una: la nostra lingua, quella che per
noi è la lingua madre. E la impariamo senza bisogno di regole o di
grammatica in virtù del solo fatto che il nostro cervello, essendo
esposto alla lingua ripetutamente e in contesti uguali, si mette
automaticamente a costruire pezzi di lingua, a registrare regole e
regolarità, a ricreare nella nostra mente la complessa architettura del
linguaggio.
Questa è la grande e banale
verità dello studio delle lingue. Capire questo punto, significa aver
già capito quasi tutto il Metodo Casiraghi-Jones. Perché il resto è solo
una conseguenza.